musica

Alabama Monroe – Una storia d’amore

Alabama-Monroe

La passione è il motore del mondo. Inseguirla può portare del bene o portare del male, ma poco importa. Almeno si ha la consapevolezza di vivere restando se stessi.

Di passione parla Alabama Monroe – Una storia d’amore , l’unico film che nel 2014 ha seriamente conteso il Premio Oscar straniero all’italiano La grande bellezza di Paolo Sorrentino. In compenso, è bene ricordarlo, la quarta opera del regista belga Felix Van Groeningen ha vinto un Cesar, un Satellite Award ed un European Film Award.

Lei, Elise, ha il corpo ricoperto da tatuaggi che descrivono ogni singolo dettaglio della sua vita e dei suoi amori. Lui, Didier, suona il banjo in una band di musica bluegrass, la cosiddetta forma più pura della musica country. Sono diversi, eppure uguali di fronte al composto e perfettino Belgio. Due outsider completi, fuori dagli schemi, che a volte danno l’idea di essere kitsch, esagerati o perfino teatrali.

Il loro amore, un autentico colpo di fulmine, si snoda nell’arco di un decennio attraverso continui salti avanti/indietro nel tempo musicati attraverso cinque strumenti a corda: chitarra acustica, banjo, mandolino, violino e contrabbasso. Vivono esattamente come vogliono, in una Gand bucolica fatta di natura incontaminata e animali, tra cui cavalli, mucche, galline e maiali. I paesaggi, disegnati dal direttore della fotografia Ruben Impens con colori caldi e ammalianti, invitano il pubblico a conoscere la bella terra belga.

L’amore di Elise e Didier viene subito coronato dall’arrivo di una figlia non cercata, ma incredibilmente amata pur nel rispetto delle loro regole. Per Maybelle i due rinunciano a poco o niente – le loro esibizioni con la band di lui continuano, lo stile di vita rimane semplice, la casa conosce giusto qualche piccola modifica – eppure sono genitori capaci di trasmettere serenità e voglia di vivere, la stessa che la piccola manifesta anche quando viene colpita da un tumore a soli 6 anni.

La malattia sgretola una vita pregna di gioia e soddisfazioni e presenta alla coppia una realtà fatta di bollettini medici incomprensibili, chemioterapia, perdita dei capelli, vomito, forze che vengono a mancare e speranze che vacillano sempre di più.
I genitori non dovrebbero mai sotterrare i figli, ma per Elise e Didier non c’è altro da fare. Il loro amore si rovina davanti alla rielaborazione del lutto, non perché sia svanito nel tempo, ma perché il dolore – che dovrebbe unire – spesso allontana le persone. Le diversità caratteriali passate in secondo piano di fronte alla consapevolezza di qualcosa di magico per cui vale la pena abbandonarle, emergono tra accuse reciproche e cattiverie gratuite, figlie di un passato che non potrà mai tornare, perché segnato da un maledetto presente a cui nessuno può rimediare.

Didier rivela di non essere solo un cantore agreste, ma un ateo convinto che si rifugia nell’alcol e nella musica e che lancia feroci invettive contro l’America di Bush – quella dell’attentato alle Torri Gemelle e delle controversie sulla ricerca sulle cellule staminali – che fino a prima della morte di Maybelle considerava “la terra per sognatori“.
La caparbia ed energica Elise si spegne sempre di più mentre si sforza di dare un senso alla sua personale religione che le fa considerare la figlia una stella nel cielo o un uccello che si posa sulle travi della casa. Sembra lei il personaggio più forte, invece soccombe al suo percorso di autodistruzione che inizia dal cambiamento legale del suo nome, che da Elise diventa Alabama, fino al tentativo di suicidio tragicamente concluso con la decisione di Didier di spegnere le macchine che la tengono artificialmente in vita.

Sorretto da una colonna sonora splendida – sono assolutamente da ascoltare Country in My Genes, Cowboy Man e Wayfaring Stranger – le lacrime scendono copiose quando si guarda Alabama Monroe, e non c’è nulla di cui vergognarsi. Questa piccola vicenda europea che guarda all’America è una storia comune ai quattro angoli del pianeta e insegna che le passioni – sentimentali, professionali, emozionali – vanno seguite anche se “la vita non è generosa“.

Una piccola nota: la storia d’amore tra la ragazza dalla pelle tatuata e il gigante con il banjo è realmente esistita, è tratta dalla autobiografica pièce teatrale di Felix Van Groeningen. E poi, diciamocelo, Didier ed Elise sono un po’ in tutti noi.